Il 23 gennaio 1973 si aprì una fessura sull’isola di Heimaey, dalla quale cominciarono a fuoriuscire lava ed enormi quantitativi di cenere.
L’allarme scattò subito e nel giro di sei ore, i circa 5000 abitanti dell’isola, furono evacuati utilizzando barche, aerei ed elicotteri.
Rimasero sull’isola solo i membri della protezione civile islandese per coordinare le operazioni di salvataggio.
In breve tempo crebbe un vulcano e a causa della continua emissione di lava furono distrutte le fattorie nelle vicinanze.
I volontari della protezione civile si dettero un gran da fare per liberare i tetti dalla cenere delle abitazioni non inghiottite dalla lava, per evitare che crollassero; inchiodarono alle finestre lastre di lamiera per evitare che le bombe vulcaniche, rompessero i vetri e incendiassero le abitazioni.
In due settimane si era formato a fianco dell’abitato, un vulcano alto 210 metri, cui fu dato il nome di Eldfell (monte di fuoco).
Le sue eruzioni di lava demolivano lentamente le abitazioni e riversandosi in mare minacciavano di ostruire il porto.
Gli scienziati interpellati per trovare una soluzione, proposero di riversare sul fronte della lava acqua di mare, in quel periodo particolarmente fredda, utilizzando delle lance montate sulle imbarcazioni.
La strategia adottata funzionò e il flusso di lava fu rallentato.
La battaglia però sarebbe stata vinta dal vulcano se l’eruzione non si fosse fermata il 26 giugno del 1973.
In ogni caso le misure adottate salvarono il porto, e il fronte di lava ora lo protegge maggiormente dalle forze del mare.
La lava distrusse un terzo delle 1200 abitazioni dell’isola.
La maggior parte degli abitanti è tornata ad abitare sull’isola.
Oggi il vulcano Eldfell è un’attrazione turistica e il suo calore è sfruttato per riscaldare le abitazioni, pompando acqua dai pozzi scavati nei suoi fianchi.

Mauro Scattolin

Fonte: Geologica – edizioni Gribaudo